
31 Mar HAMLIN GARLAND / MOCCASIN RANCH (INCIPIT)
I. Marzo
Nella grigia luce dell’alba di una mattina di marzo del 1883, due carri uscirono lentamente da Boomtown, ‘il gigante delle praterie’, una cittadina sorta appena due anni prima. Mentre i cavalli passavano davanti all’ultima casa, la stranezza del luogo incuriosiva in modo irresistibile gli immigrati appena arrivati. La cittadina si estendeva alle loro spalle in una piana piatta come una mano e senzaalberi, come una manciata d’isolati disseminati a caso su una tunica color ruggine. Le case erano per lo più delle semplici capanne di legno, a un solo piano, mentre qui e là delle vere e proprie tende occhieggiavano nella prima luce del mattino, facendo pensare agli irrequieti pionieri d’America.
Da ovest soffiava un vento forte e gelido. Il sole s’alzò rapidamente, facendo scomparire il sottile velo della nebbiolina del mattino, che si dileguò su una distesa sconfinata di cielo inarcata come una volta su una prateria quasi altrettanto maestosa.
Nell’aria, qualcosa di struggente – odore di terra appena lavorata, una vastità e uno splendore tutt’intorno, fino all’orizzonte, che lasciava senza parole la gente in viaggio, tanto era esaltante.
Qui e là la prateria era increspata dal ghiaccio, e gli stagni erano pieni d’acqua e di fango. Le oche volavano lentamente contro vento lungo la loro rotta, e le anatre sguazzavano negli stagni dai bordi ghiacciati. La terra era brunastra e brulla, e così dura per il ghiaccio che i carri scricchiolavano rumorosamente mentre procedevano. Il conducente di un carro lanciò un fortissimo fischio, che spaventò le anatre facendole fuggire dagli angoletti dove avevano trascorso la notte.
Uno dei tiri trasportava un carico di materiali per la costruzione di una casa, oltre ad alcuni utensili domestici. Chi lo conduceva, un tipo di trent’anni, la faccia sottile e gli occhi azzurri, procedeva accanto ai suoi cavalli – lo sguardo pieno di meraviglia, ma camminava in silenzio.
Il secondo carro era pieno di casse e di barili di viveri e di attrezzi, ed era condotto da un bel giovanotto con un gran paio di baffi castani. Si chiamava Bailey e sembrava essere lui a indicare la strada al compagno, a cui si rivolgeva chiamandolo Burke.
Mentre il sole s’alzava si verificò una sorta di cambio discena. Il suolo perfettamente pianeggiante si sollevò all’orizzonte, tanto che la piccola carovana sembrò trascinarsi nel fondo di un’enorme ciotola. Apparvero delle sagome misteriose – allungate in modo grottesco, irriconoscibili.
Le colline, a venti, trenta miglia di distanza, si elevarono come una sorta di miraggio, ingrandite in modo sbalorditivo. I salici parvero olmi, e la semplice capanna di un colono si levò in cielo come una torretta d’artiglieria – cittadine e villaggi fino a quel momento invisibili presero afluttuare e a palpitare sotto un’inondazione di luce giallastra, come bandiere agitate appese ad aste invisibili.
Traduzione di Livio Crescenzi e Marta Viazzoli