
11 Feb Il guardiano della morte / Ambrose Bierce (incipit)
All’incrocio di due strade, in quella parte di San Francisco conosciuta come North Beach –nome attribuitole senza una ragione particolare – c’è un lotto di terra vacante, il quale è molto più pianeggiante di quanto lo siano generalmente i lotti di terra della zona, che siano vacanti o meno. Tuttavia, subito alle sue spalle, a sud, il terreno s’inerpica bruscamente, il pendio interrotto da tre terrazzamenti tagliati nella roccia tenera. Una zona di capre e povera gente, abitata dalle poche famiglie di quelle due specie che in modo civile e amichevole vi convivono ‘sin dalla fondazione della città’. Una delle umili abitazioni del terrazzamento più basso attira l’attenzione per la sua grossolana somiglianza a un volto umano, o meglio all’imitazione che ne potrebbe fare un ragazzino che dovesse incidere una zucca scavata, pur senza voler offendere nessuno. Gli occhi due finestre di forma circolare, il naso la porta, la bocca un’apertura dovuta alla mancanza di una delle assi inferiori. Niente gradini all’entrata. Per essere un volto, è troppo grosso; per essere un’abitazione, troppo piccola. Lo sguardo assente di quegli occhi vacui, senza palpebre né sopracciglia, è inquietante.
A volte un uomo esce dal naso, svolta e passa accanto al punto dove si troverebbe l’orecchio destro. Si fa largo tra la calca di ragazzini e capre che ostruiscono lo stretto spazio tra le porte dei suoi vicini e il bordo del terrazzamento e raggiunge la strada scendendo una rampa di scale traballanti. Poi si ferma e controlla l’ora. Chiunque si trovi a passare da quelle parti si chiede perché a un tipo simile importi tanto dell’ora. Basterebbe osservare un po’ più a lungo per capire che la posizione delle lancette è fondamentale per lui. È precisamente alle due in punto che, ogni pomeriggio, 365 volte l’anno, esce di casa.
traduzione di Livio Crescenzi & Tonina Giuliani