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L’Afghanistan non è mai stata una terra facile da conquistare, o da “pacificare” (termine in voga attualmente). Il Paese è infatti costituito principalmente da montagne e steppe abitate da tribù da sempre ostili a qualsiasi tentativo teso ad imporre il controllo di un’autorità centrale. Sono gruppi etnici prevalentemente dediti a lot- te di potere intestine, fatte di continui cambi di regime all’insegna di tradimenti, assassinii e guerre civili, che rivelano una marcata ostilità verso qualsiasi tentativo di normalizzazione stabile, soprattutto se ad opera di una potenza straniera. E’ una lezione della Storia che solo recentemente l’Occidente sta imparando, pur non assimilandola, dopo oltre 20 anni di guerra e guerriglia mascherata da missione di peacekeeping, anche se prima sono stati i sovietici a seguire questa errata traccia. E prima ancora di questi ci furono la Persia e Inghilterra che, tra ‘800 e ‘900, per ben tre volte, tentarono di rendere il Paese un satellite del loro impero. Ironia della sorte, tutti questi tentativi sono falliti secondo uno stesso, identico, ripetitivo schema.
« Il crollo del Governo dell’Afghanistan sostenuto dagli Stati Uniti non dovrebbe rappresentare una grande sorpresa per nessuno. Il popolo afghano è stato oggetto di guerre e disordini per più di 40 anni. Milioni di persone sono morte e/o sono diventate profughi a causa dell’invasione sovietica del 1979, dell’occupazione talebana e dell’intromissione statunitense »
Jim Winkler, Segretario generale del Consiglio nazionale delle chiese Usa
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