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Anson Winters, triste, tormentato, ma sicuro di sé; la sua premurosa e tenera moglie, Lurie; Ernest Roughton, a cui è affidato il narratore, onesto e solido; i Cretini, due amici inseparabili che non amano altro che una buona burla (parenti letterari di Harl e Tibb Logan, i cugini burloni di Fiume di Terra).
Ma Chinaberry non è solo l’infanzia del narratore, è la sua memoria, il dolore e la gioia, perché ciascuno di noi ha il suo Chinaberry. Un albero duro e resistente, un estraneo in una terra straniera, portato negli Stati Uniti dall’Asia, proprio come il ragazzo viene portato dall’Alabama al Texas.
Chinaberry è un’ode alla voluttà della narrazione: nelle sue pagine incontriamo una miriade di personaggi, anche morti e scomparsi e di cui solo si parla. E tutti questi fili narrativi vengono intrecciati attraverso le storie raccontate dai personaggi della fattoria, sia che si tratti dei sommessi ricordi di Lurie mentre mangia con il narratore sotto gli alberi di Chinaberry o delle storie che Anson narra in modo chiassoso sul dondolo durante una calda notte estiva.
| Ernest, Cadillac e Rance non erano mai stati da nessuna parte.
E anch’io praticamente non avevo mai messo il naso fuori dalla contea di Chambers, in Alabama. Ed eccoci lì, all’avventura in quel mondo fatto per metà di cielo. | J. S.
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