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Scritto nel 1906, in un periodo della sua esistenza caratterizzato da pessimismo, da lutti famigliari e da sfortunate operazioni economiche, Mark Twain immagina un dialogo serrato tra un giovane e un vecchio sui meriti e le possibilità dell’uomo.
Da una parte l’ottimismo, l’entusiasmo e l’innocenza, qualità proprie della società americana in espansione, dall’altra una visione negativa dell’uomo, visto come una sorta di ‘macchina’ incapace di agire liberamente, vincolata e costretta dalle situazioni e dalle influenze esterne. Tuttavia l’ironia e il senso del grottesco riappaiono in ogni pagina. La lucida consapevolezza di Twain rappresenta un significativo antidoto alle presunzioni ottimistiche e ingenue di tanta cultura contemporanea.
| Il fatto che l’uomo sappia distinguere tra il bene e il male dimostra solo la sua superiorità intellettuale rispetto alle altre creature; ma il fatto che egli sia in grado di compiere il male dimostra la sua inferiorità morale rispetto a qualsiasi altra creatura che non sia in grado di fare quella distinzione. Sono assolutamente convinto che questa posizione sia inattaccabile.| M. T.
A CURA DI: Livio Crescenzi
PAGINE: 164