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Abraham Cahan, ancora quasi sconosciuto in Italia, è il primo grande scrittore ebreo-americano, e appartiene alla generazione dei greenhorn, gli ebrei di prima immigrazione. Per lui l’ebraico e lo yiddish sono ancora strumenti di espressione profonda dell’identità, oltre che efficace mezzo di comunicazione, mentre lo pervade un fervore (e un tormento) religioso ancora più palpitante e problematico. Sullo sfondo il mondo della sartoria, campo d’azione, d’avventura e d’affermazione di sé degli ebrei provenienti dall’Est Europa.
È la storia di David Levinsky, un ragazzino che parte da uno sperduto villaggio russo e giunge nel Nuovo Mondo, e da povero venditore ambulante diventa milionario.
Un grande romanzo che complica e sovverte quelli che sono i canoni classici della narrativa dell’immigrazione.
| L’ambiente che frequentavo perse in qualche modo il suo antico significato; la vita era insapore, e io desideravo qualcosa che mi stuzzicasse, per così dire, un cambiamento impetuoso, sensazioni piccanti. Fu allora che la parola America catturò per la prima volta la mia fantasia. Quel nome mi ronzava di continuo in testa. La grande emigrazione degli ebrei negli Stati Uniti, iniziata due o tre anni prima, era ormai in pieno fermento. | A. C.
A CURA DI: Livio Crescenzi & Silvia Zamagni
PAGINE: 528