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Le deposizioni dei numerosi testimoni, all’epoca dei fatti ancora solo dei ragazzini, gli interrogatori e i controinterrogatori di Adolf Eichmann, le parole finali della sentenza, sono le tessere di questo secondo volume che, dopo Cinquanta chili d’oro, prosegue la definizione dell’affresco di quello storico processo che ha segnato la storia del novecento. In apertura del volume, le riflessioni di Ernesto Dalli della Loggia.
Anche i bambini del ghetto erano soliti giocare e ridere e nei loro giochi si rifletteva la tragedia del popolo ebraico. Per esempio, presero a giocare alle tombe, e scavavano una fossa, ci mettevano un bambino e lo chiamavano Hitler, oppure presero l’abitudine di giocare come se fossero al cancello del ghetto. Alcuni facevano i Tedeschi, altri gli Ebrei. I Tedeschi allora gridavano e colpivano gli Ebrei. O ancora presero l’abitudine a giocare ai funerali, e insomma tutti giochi del genere. | Testimone Aharon Peretz
<< Ho visto madri che gridavano, ho visto una madre i cui tre bambini erano stati presi, che si avvicinò al camion e gridò al tedesco: “Dammi i miei figli”. E quello chiese: “Quanti ne hai?”Lei rispose: “Tre”.E quello disse: “Ne puoi prendere uno solo”. La donna salì sul camion – i tre bambini voltarono il viso verso di lei e tesero le mani. Ogni bambino voleva andare con la madre. La madre non fu in grado di scegliere, e scese dal camion da sola – e se ne andò. | Testimone Aharon Peretz >>
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