
12 Nov Lo sport e il confine del mondo / Sergio Tavčar e Marco Ballestracci (Incipit)
Sono nato nel 1950 a Trieste.
Quell’anno la città non era stata ancora assegnata all’amministrazione civile italiana e apparteneva alla Zona A, amministrata dagli Alleati.
Perciò non posso dire d’essere nato italiano, ed è ancora difficile spiegare che nazionalità potesse avere un bambino nato a Trieste nel 1950.
Il 2 maggio del ’45 i neozelandesi erano riusciti a non farsi imbambolare dai soldati di Tito, che consigliavano loro di sospendere l’avanzata a Monfalcone perché Trieste era già stata interamente occupata, e avevano proseguito.
Erano entrati in città che ancora i tedeschi combattevano al Castello di San Giusto e ai soldati della Wehrmacht non era parso vero di potersi arrendere agli Alleati piuttosto che ai partigiani jugoslavi, molto meno sensibili ai precetti della Convenzione di Ginevra, visto che tra il ’41 e il ’45 gli invasori tedeschi e italiani non s’erano affatto preoccupati di questioni così stupide e s’erano impegnati con grande entusiasmo nelle fucilazioni e negli incendi dei paesi.
La resa nelle mani d’un nemico più ragionevole era stata la ragione per cui i neozelandesi avevano potuto sostenere d’aver partecipato alla liberazione di Trieste e ciò consentì agli Alleati di vantare dei diritti sulla zona che andava da Duino a Muggia e che comprendeva l’intera città: quella che alla Conferenza di Parigi era stata appunto chiamata la Zona A.
Perciò non son nato jugoslavo proprio perché gli Alleati all’ultimo momento erano riusciti a infilare il piede nella fessura della porta, ma, al tempo stesso, non posso neppure dire d’essere nato italiano.